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I Mezzi di comunicazione di massa e il loro ruolo nella lotta contro il razzismo e la xenofobia

 

 

I Mezzi di comunicazione di massa e il loro ruolo nella lotta contro il razzismo e la xenofobia

Agatangelo, Metropolita di Fanarion,
Direttore Generale della Diakonia Apostolica
della Chiesa di Grecia

Introduzione.

I cambiamenti dei nostri tempi ruotano attorno a una serie di evoluzioni che hanno a che fare con l'introduzione di nuove tecnologie e con la diffusione della comunicazione. Ogni analisi che il contesto della nostra epoca vorrebbe delineare, dovrebbe prendere in esame i cambiamenti apportati dalle tecnologie di comunicazione e di informazione, i mutamenti economici e ideologici dei mezzi di comunicazione di massa (1), le quantità e le qualità dei cambiamenti della nostra comunità e, soprattutto, dovrebbe interrogarsi sul ruolo dei m.c.m. sui fenomeni sociali e sugli avvenimenti dei nostri tempi.

La crisi.

I m.c.m. hanno influito nelle nostre società sviluppando un particolare canale per la diffusione dell'educazione, per lo sviluppo dei valori democratici, per la trasmissione delle risorse culturali fino ai confini del pianeta, provocando tuttavia anche degli stravolgimenti. Naturalmente, da parte loro, anche le nostre società hanno imposto ai m.c.m. le dinamiche degli orientamenti sociali, dei punti di convergenza rispetto alle diverse esigenze universali, ma anche la loro sofferenza e i sintomi del loro declino.

La stampa greca (quotidiani e giornali) si ritrova decisamente in una profondissima crisi. La crisi investe molteplici aspetti: anzitutto la ragione politica ed etica della loro esistenza, il loro rapporto con il lettore e più in generale con la società, la sua posizione tutelata costituzionalmente quale elemento essenziale e funzionale dello Stato democratico, il livello dal punto di vista politico, economico, sociale ed etico offerto dalla stessa, il suo orientamento informativo, le scelte proprie dei giornali e dei m.c.m. che mirano all'aumento della loro circolazione e della loro popolarità. La somma di tutti questi aspetti della crisi riguarda, nella sostanza, la stessa esistenza dei m.c.m. e riflette la profonda crisi della società europea, nonché di quella greca. Infine, in relazione a noi stessi, la crisi riguarda la verità della vita e la sua comprensione. Per questa ragione può esser definita come «crisi di identità» e come tale deve esser trattata, altrimenti non avrebbe senso parlare dei sintomi di un cadavere.

 

Un dramma universale.

Queste riflessioni acquistano senso dinanzi alla realtà della sfida per il futuro e dinanzi alla preoccupazione di fronte a un importante dramma: quello del razzismo e della xenofobia. Dal punto di vista della teologia ortodossa che non distingue alla maniera nestoriana la religione dalla vita sociale, il fenomeno del razzismo è principalmente teologico. Questo vale altresì non solo quando si presenta con carattere tipicamente religioso, ma anche quando appare quale razzismo socio-politico o più, in generale, antropologico.

Se la scienza sociale, per estensione, i m.c.m. sono in grado di individuare la fenomenologia del razzismo e di mettere in rilievo le sue relazioni con i dati sociali, la teologia dal suo canto è in grado procedere più in profondità e giungere alla «sua ontologia».

Il razzismo, la paura dell'altro, costituisce essenzialmente una situazione diabolica, un'«eresia». In ultima analisi esprime un'assolutizzazione del creato, il problema della persona umana così com'è vissuto oggi con l'interruzione della relazione, con l'annullamento della società e la cancellazione di ogni forma di partecipazione.

Nella civiltà contemporanea è offerta la libertà mentre si perde l'unità. Con il secolarismo e l'individualizzazione autoreferenziale della vita, l'uomo è liberato e isolato. Appare ormai chiaro che il problema metafisico letale della modernità, dell'uomo moderno, sia la combinazione di libertà e unità, la correlazione tra individualità e socialità, la sintesi tra autonomia e convivenza.

L'istanza dell'uomo contemporaneo non è l'esistenza, ma la coesistenza; non semplicemente una sopravvivenza individuale, ma sociale. E a questo vitale interrogativo dobbiamo dare una risposta. Aiutiamo dunque l'uomo a comprendere la sua entità come persona, impari che non semplicemente esiste, ma in primo luogo coesiste, non per sopravvivere individualmente, ma per convivere socialmente.

Sintomatologia.

Razzismo è una parola che mai nessuno ha ascoltato di buon grado, neppure i giornalisti. In Germania per esempio, quando si sente la parola “razzismo” si cade nel caos. Molti giornalisti tentano di rifuggire da questo particolare termine utilizzando piuttosto la parola xenofobia. Negli ambiti accademici si parla invece più volentieri di etnocentrismo.

Si è segnalato, nel resoconto del dibattito della tavola rotonda avente come tema «il ruolo della stampa e dei m.c.m. nelle questioni del razzismo e della xenofobia» tenutasi ad Atene nel 1995 sotto la direzione organizzativa del Centro Ellenico dei Membri Europei, quanto segue in elenco:

•  Il razzismo nella società greca è oggi sottovalutato come problema nella coscienza dei giornalisti;

•  parte della stampa in Grecia incita a comportamenti razzisti e;

•  sfortunatamente, nessuna autorità ha provveduto ad affrontare giornali e giornalisti che incitano a comportamenti di carattere razzista e xenofobo.

Che cosa sostanzialmente è cambiato da allora fino ad oggi? Prestiamo attenzione pertanto, malgrado le valutazioni e i tentativi di alcuni giornalisti, alle molteplici riserve ed esprimiamo la nostra preoccupazione per ciò che riguarda la percezione della correttezza dei m.c.m. e la possibilità di dare il loro contributo, a motivo della modalità attraverso cui viene manipolata e veicolata la questione, per la lotta contro il razzismo e la xenofobia.

•  Gli Stereotipi

L'insicurezza e il timore ci conducono a voltare le spalle ai migranti e a esser indifferenti al loro dramma. I greci pian piano diventano razzisti, a motivo della loro disinformazione… Quanto è pronto il nostro paese a comprendere e a sostenere il sogno che i profughi hanno portato con loro fino a qui? Solo un'occhiata ai notiziari o ai titoli dei quotidiani è sufficiente per rendersi conto del loro nuovo Golgota. Mai deve cessare la cura per la sensibilizzazione del cittadino al rispetto dei diritti umani così come il giusto criterio nell'offrire l'informazione.

Tuttavia non è solo l'attualità, non è solo il TG, non solo i comunicati stampa. Si tratta anzitutto del modo attraverso il quale i m.c.m. manipolano i temi sociali, come il fenomeno della indigenza degli uomini. In questo modo, lì dove non vi è consapevolezza, lì dove si trova lo spettatore, il lettore o l'ascoltatore rilassato e ignaro, si può produrre e generare, ancorché dal timbro e dal tono della voce, qualche stereotipo che si rapporta e che provoca una visione stereotipata della violenza, profondamente razzista, come un meccanismo relazionale con il mondo, produttrice altresì di una percezione che è intollerante dinanzi alla differenza e all'accoglienza della diversità. Citiamo un esempio: è divenuta una moda, in circostanze in cui si verifichino episodi che riguardano minoranze, di riferire la nazionalità del responsabile di un reato e di generalizzare questi atti alla minoranza per intero. Tuttavia, il continuo riferimento alla nazionalità, provoca nella comunità la percezione di un'immagine realistica di tutto ciò. Così il sentimento di accusa nei confronti di dell'intera “nazione” dei criminali rappresenta qualcosa che è ritenuto naturale e normale.

Dall'altra parte operano invece i giornalisti che credono di poter correggere tali cliché negativi attraverso apposite immagini o storie riguardanti “i bravi migranti” o minoranze, finendo con il rivelarsi, molte volte, altrettanto razzisti.

Sembra paradossale e tuttavia non occorre necessariamente che qualcuno sia detto razzista per impiegare gli stereotipi tipici del razzismo o per assumere comportamenti di carattere razzista, in quanto, nella quasi totalità delle volte, ciò accade inconsciamente e non intenzionalmente. Winnicott scrive che l'uomo soffre di aggressività repressa e non dispone di meccanismi biologici per difendersi dalla propria aggressività. Ecco perché l'utero dove si feconda e cresce il razzismo è la persona umana. E precisamente questo è ciò suggerisce la pluralità degli episodi.

•  La visione degli estremisti.

Ciò che altresì osserviamo è che il modo attraverso cui i m.c.m. presentano i temi che hanno a che fare con minoranze o con i profughi, molte volte, è caratterizzato da estremismi. Tale tendenza di far risaltare, non integralmente, singoli casi estremi quali circostanze estreme in modo assoluto, senza tentare di comprendere “scientificamente” la problematica dei temi sociali, genera un modello di comunicazione dalla percezione dell'elemento mediano tra gli estremi e che non è caratterizzato da un processo di apprendimento e di descrizione dei fatti, della società e delle relazioni. Forse è proprio questo ciò che vuole l'uomo di oggi.

•  Il linguaggio dei m.c.m.

Il linguaggio sociale e, più in generale, il linguaggio comune, si configura molte volte come alquanto dilettantistico e ci fa brancolare in un puro nulla indifferenziato e omogeneo. Questo significa che esiste un linguaggio semplificato e superficiale, ignaro dei più gravi problemi.

Per questa ragione il linguaggio giornalistico, in un'epoca di induzione logica polivalente , deve pensarsi, crescere, maturare, invecchiare in modo produttivo. In altre parole dovrebbe nascere e trasmettere senso e informazione non nell'ambito di una vita immobile , ma di una realtà di carattere dialettico e teleologico, di una realtà che non coltivi conflittualità e differenziazioni, che non sfrutti lo psichismo dell'altro e che non faccia del male alla persona umana. Infatti che senso avrebbe il linguaggio, qualora non esista la relazione tra le persone? La funzione del linguaggio è di lenire i traumi provocati dal contatto o dal conflitto con l'altro, di contribuire all'incontro tra le persone.

È una mezza verità e costituisce una menzogna universale parlare e scrivere da una parte contro il razzismo e la xenofobia, denunciare lo sfruttamento e il maltrattamento delle donne e dei bambini in condizioni inaudite e umilianti e dall'altra servirsi dell'uomo come banale merce priva di anima. Questa non è deontologia giornalistica. Questa è legittimazione della disumanità dell'uomo. Cinismo materialistico.

 

•  Cittadini e non consumatori.

Non è possibile parlare dei fenomeni del razzismo considerando l'uomo semplicemente come individuo marginale. In questo modo non si coltiva la percezione della partecipazione pubblica dei singoli ai vari problemi sociali, ma la possibilità del consumo, della convenienza e dell'interesse personale, un darwinismo sociale accompagnato da un cinismo ideologico. Forse questo è ciò che vuole la realtà sociale: ciò che non vende, non vive è lo slogan tipico di questa mentalità.

Occorre però ricordare nuovamente che stiamo rivolgendoci a cittadini e non a consumatori. E il cittadino non è semplicemente una monade immersa in una totalità di pubblica convivenza, una monade di diritti e di doveri che convenzionalmente si definiscono al fine di raggiungere il pieno equilibrio tra le richieste egocentriche di ciascuna di esse. Essere cittadini è, in primo luogo, una condizione d'onore: significa partecipare al più alto onore e all'impresa di rendere possibile una vita vera. Anche per questo la categoria di cittadino non è un privilegio accidentale, ma principale contenuto di vita personale che dà senso ad ogni aspetto della quotidianità.

In caso contrario la critica della “crisi” dei m.c.m. rappresenta solo un'alibi dell'indifferenza (o della menomazione) individualistica nonché lo sconto da pagare di una civiltà che getta via tutte le autentiche domande di senso in balia del mare indifferenziato del laicismo.

Gli uomini dovranno essere capaci di immaginare e di comprendere sé stessi anche attraverso altri criteri, così come di assumersi le loro responsabilità. È infatti anche questo il ruolo essenziale dei m.c.m.: offrire la possibilità ai cittadini di guardare alle loro differenze. Solo allora contribuiranno in modo sostanziale nell'affrontare la questione di cui ci occupiamo.

Per Superare il fenomeno, ovvero riguardo alla trasformazione della passione.

•  Dobbiamo immetterci all'interno di un processo di costante opposizione dinanzi ai possibili avvenimenti, palesi e occulti, dei fenomeni del razzismo e della xenofobia. Non è infatti sufficiente la tutela costituzionale, la protezione internazionale, non sono sufficienti le dichiarazioni. Occorre in primissimo luogo una coscienza sociale e una reazione comune che nella prassi e nella vita sociale, nella quotidianità, dimostrino di non esprimere razzismo, xenofobia e odio sociale.

•  Si esige una costante ma discreta vigilanza per affrontare i problemi che esistono in territorio greco, ma anche europeo, che influenzano e influenzeranno questa realtà in divenire: molte volte infatti i m.c.m. riportano con grande facilità incomprensioni che pian piano accettiamo come valide realtà.

•  I m.c.m. devono, con onestà e delicatezza, riconsiderare la loro posizione di fronte all'intera questione per affrontare il razzismo e i giornalisti devono chiarire a stessi come loro comprendono il mondo, per evitare e non piuttosto incoraggiare, con la dovuta efficacia, situazioni analoghe.

•  La possibilità di evitare nei m.c.m. casi di razzismo non è per i giornalisti fede ideologica, ma anzitutto, un problema pratico, con il quale devono venire a contatto e per questo occorre educazione e formazione.

•  Esiste qualcos'altro su cui interrogarci: se hanno voce, attraverso i m.c.m., le minoranze e com'è possibile assicurarla. Questo è un tentativo non solo in vista di un'informazione responsabile, ma risulta essere anche una buona forma di comunicazione, pur essendo minima. Una comunicazione efficace, infatti, abitua e crea serenità e sicurezza: la non efficace estrania e provoca insicurezza e paura.

•  Infine qualcosa di molto importante per gli uomini che scrivono ed editano riguarda il problema linguistico. Una lingua “massacrata” apre la strada all'indifferenziazione e alla tirannia. La lingua si identifica con la libertà delle esistenze e acquista un significato di enorme portata, in quanto mira a mantenere l'identità e la libertà, nonché la presenza esistenziale e politica degli uomini. Così, se il pensiero per esprimersi non trova più la possibilità di una lingua giusta e austera, soccombe. La parola dei giornali deve distinguersi per la sua battaglia contro il progressivo depauperamento della lingua che ha come immediato risultato l'umiliazione e la minimizzazione del pensiero.

In un'epoca in cui la relazione io-tu è stata sostituita dalla relazione strumentale “io-questo”, non solo per ciò che riguarda la nostra relazione con l'altro, ma anche con noi stessi, ciascuno di noi, ente passibile della storia, è chiamato a vincere la passione tramite la passione, la morte tramite la fede nella risurrezione, è chiamato a vincere la guerra della storia, a superare il compromesso con la convenzionalità, ad accarezzare il volto umano per accogliere e guarire.

Fuggendo lontano dalla morte,
tuttavia lasciando dietro la nostra vita.
Fuggendo dal nostro passato,
tuttavia lasciando dietro il nostro futuro.
Fuggendo dalle nostre case,
correndo verso la speranza.
Non v'era tempo però
di trasportare un così grave carico durante la fuga.
Così siamo stati liberati dal peso della speranza,
esattamente come siamo stati liberati
da ciò che non ci è stato possibile prendere con noi:
i nostri cimiteri,
le nostre case e i nostri focolari,
i nostri alberi e i nostri fiori.
Abbiamo sentito come questa fuga
Era ancora più orrenda
del rimanere lì dove vivevamo.
Non esisteva però via d'uscita.
Fuggimmo altresì da Dio.
Da questo momento, ovunque andremo
Saremo stranieri,
saremo ospiti,
saremo vagabondi,
in terra straniera.
E mentre nessuno ci è comune, un uomo abituale,
condividiamo un nome comune: migrante.

Chi osa comprendere il nostro immenso dolore?

Siamo chiamati a dare una risposta a questo interrogativo. Per riuscirci, si richiede conversione, trasfigurazione, formazione, educazione, totalità. L'uomo non ha perso questa possibilità. Certamente anche coloro che sono a servizio del giornalismo.

Copertina: retro

Invochiamo tutti l'azione taumaturgica dello Spirito perché faccia cessare le nostre inquietudini nei confronti della vita non eucaristica del mondo, che è il nostro mondo, in modo da acquisire il senso di questa grande gioia e introdurci così nella gioia del nostro Signore, per spaziare nei cieli e non errare nella tenebra della terra «dall'ora sesta all'ora nona». Solo allora saremo capaci di comprendere che il culto razionale della Chiesa è teologia: teologia che diviene celebrazione, annuncio di vita della Chiesa, fede nella risurrezione e sconfitta della morte. Affidiamo al mondo, specialmente ai nostri giovani, ai nostri figli, il messaggio della scoperta di Dio coltivando una relazione personale con Lui e non un semplice concetto.


Note

(1) D'ora in poi citato con l'abbreviazione m.c.m.

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