PAGINA CENTRALE      CHI SIAMO     LA SACRA SCRITTURA  
BIBLIOTHECA THEOLOGICA "PORPHYROGENITUS"     LIBRERIA  
SANTUARIO DI SANTA BARBARA   COLLEGIO TEOLOGICO
Diaconia| Links | Battesimo | Multimedia

  ARTE E CULTURA PATROLOGIA

Padre Paissios l' Atonita

LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL PERIODO POST MODERNO

Dalla teoria dell'attività missionaria

LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL PERIODO POST MODERNO.
(Articolo pubblicato nella rivista " Σύναξη" ("Sinassi"), p. 57-88)

La Chiesa non realizza la sua opera di salvezza attraverso le parole che di solito usa, neanche attraverso quello che di solito fa ma, innanzi tutto, mediante il suo " essere". Quell' "essere", in altre parole quell'identità e autocoscienza della Chiesa, non è che la visione di un nuovo mondo diverso dal mondo deteriorabile e convenzionale in cui viviamo, vale a dire la visione del Regno di Dio a cui aspiriamo. Questa visione però, oltre ad essere trascendentale e attesa fino all'ultimo, costituisce anche una realtà storica ben concreta, una proposta di vita alternativa, una trascendenza del quotidiano e della deperibilità espressi dalla vita convenzionale.

La Chiesa ha il dovere di manifestare, in maniera autentica, questa proposta di vita alternativa al suo interno, in altre parole, nei riti e nelle procedure amministrative, ma ha anche il dovere di proiettarla al di fuori come una viva testimonianza al mondo. Una chiesa che non ha questa sacra "missione", non può essere considerata Chiesa. Anche se può sembrare paradossale, la Chiesa non esiste per se stessa ma per il mondo. In passato, si faceva la distinzione fra attività missionaria interna ed esterna, una distinzione che è stata veramente utile per noi Ortodossi, siccome è stata il pretesto che ci ha permesso di ricordarci di nuovo il nostro dovere nei riguardi dell'attività missionaria esterna, ci ha tirato fuori della pigrezza missionaria, ci ha fatto unire le nostre forze con il resto dei cristiani per diffondere nel mondo il messaggio della nostra fede, ci ha fatto ricordare il dovere che abbiamo come cristiani di professare fino all'angolo più remoto del globo il messaggio della salvezza in Cristo, seguendo l'ingiunzione del Cristo risorto «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Matteo 28,19). Oggigiorno però una tale distinzione è sorpassata. Proprio per questo la Chiesa ortodossa unisce le proprie forze "con ogni persona di buona volontà", come rilevato nei messaggi dei capi delle Chiese ortodosse, tanto all'interno quanto all'esterno, per poter superare il male che esiste nel mondo, un mondo che grazie alla tecnologia moderna è ormai diventato un grande villaggio.

Il secolo appena finito è diventato il periodo nel quale l'umanità, forse per la prima volta nella sua storia, ha vissuto in modo così ampio la creazione ed ulteriore sviluppo della società secolare, vale a dire di una società praticamente senza Dio. Pochi decenni fa moltissimi scienziati ed intellettuali prevedevano con quasi assoluta certezza una struttura della società puramente ed esclusivamente secolare e anche, almeno nel cosiddetto mondo occidentale, l'eliminazione della religione tradizionale stessa. Nel 1965 è stata pubblicata negli Stati Uniti l'opera più letta e forse più popolare di questo tipo, intitolata "The Secular City" ("La città secolare"). L'autore, Harvey Cox, preannunciava il crollo della religione tradizionale e la completa secolarizzazione (1) della società moderna. Cox (2) e la maggior parte degli altri intellettuali che seguivano le orme di famosi sociologi moderni (3), identificarono in questo sviluppo, degli elementi umanitari e liberatori, mentre altri invece definirono veri e propri incubi apocalittici i fenomeni della crescente secolarizzazione della società. D'altronde, gli esempi d'Auschwitz e di Hisoshima non sono troppo lontani (4) ed il pericolo di un olocausto nucleare e di una catastrofe ecologica continua ad essere una minaccia. Tutti però erano assolutamente convinti che il XX secolo sarebbe senz'altro terminato con una ancora più amplia secolarizzazione (5).

Oggi, alla fine del XX secolo, questa teoria della secolarizzazione e la conseguente emarginazione della religione in una grande parte degli intellettuali internazionali, è tanto ripugnante quanto popolare e indiscutibile era trenta anni fa (6). Nel corso degli ultimi anni, l'organizzazione di congressi inter-disciplinari sul tema della religione e della politica (nel più ampio senso della parola), in centri accademici come Harvard o South Florida, è una cosa indicativa di questo cambiamento, completamente impensabile venti o trenta anni fa. La pubblicazione di opere collettive che trattano in maniera interdisciplinare il fenomeno sociale del ripristino della religione e del fenomeno religioso nella vita sociale dei popoli, costituisce ormai una situazione comune (7). Cox stesso riconosce il mutamento radicale avvenuto nella spiritualità umana e ammette l'inaspettata riattivazione della religione a livello internazionale, con l'intenzione in alcuni casi di influenzare di nuovo non solo la vita pubblica ma anche la politica (8). Almeno a livello scientifico, tutti credono che questo sviluppo coincida con il movimento sociale-storico ed intellettuale denominato post-modernismo.

* * *

Il concetto del post-modernismo è abbastanza ambiguo, dato che con esso si definisce da un canto la transizione storica della nostra civiltà nella storia moderna e dall'altro canto, un periodo storico specifico. Per poter definire la missione della Chiesa e il ruolo dell'Ortodossia in questo preciso concorso di circostanze, dobbiamo innanzi tutto analizzare questo fenomeno. A livello inter-disciplinare si fa di solito riferimento al raffronto dialettico e alla transizione consecutiva dal pre-moderno al moderno e poi al post-moderno. Più precisamente, si fa riferimento al succedersi -nel corso della storia delle civiltà- dei rapporti di religione e della conoscenza pubblica.

Durante il periodo del pre-modernismo, cioè il periodo che precede il "secolo dei Lumi", le storie cosmologiche dei testi sacri di tutte le religioni costituivano -ciascuna per il proprio ambiente culturale- l'unica ed esclusiva conoscenza pubblica che gli uomini credevano di avere a loro disposizione per la realtà mondiale.

Con l'Illuminismo però, la scienza secolare sostituì la religione per quello che riguardava una conoscenza pubblica sicura e, di conseguenza, le storie sacre decaddero al livello della conoscenza più incerta, mentre la religione divenne una questione personale. Proprio per questo, uno degli ideali più importanti del modernismo è stato anche l'assoluta separazione tra lo Stato e la Chiesa e, in generale, lo spostamento della religione nel settore privato delle attività umane e la proclamazione della secolarità del settore pubblico, privo da ogni influenza religiosa: ecco il significato del termine "secolarizzazione". Questo sviluppo, non è stato solo frutto di forze contrarie ma, in parte, anche la conseguenza delle guerre religiose tra Protestanti e Cattolici che scossero l'Europa nel XVII secolo. Il Trattato di Westfalia del 1648, il quale rappresentava in sostanza la fine del "mondo cristiano" come fattore politico nel campo delle attività pubbliche, non era altro che uno sforzo di far sì che la religione non fosse mai più una causa di guerra. Questo era anche il motivo per il quale la comunità internazionale era risolta di contenere ogni conflitto di tipo religioso nella zona delicata dei Balcani. Di conseguenza il Cristianesimo ha dovuto arrivare ad un compromesso -volente nolente- con l'individualismo e di ricercare una via d'uscita nell' attività missionaria.

Il post-modernismo, pur essendo un fenomeno degli ultimi decenni, ha le sue origini prodromiche nell'apparizione delle scienze sociali. Queste scienze, esaminando in un primo tempo società con culture svariate durante il pre-modernismo, scoprirono delle descrizioni completamente diverse e altamente monolitiche (ierocratiche) della natura e dell'ordine naturale. Questo ebbe come conseguenza l'affermazione che l'umanità non visse mai ai margini della "natura", della bigotteria (vale a dire all'ombra della religione), ma visse sempre nell'ambito della civiltà che come è noto è frutto della lingua e della creatività umana in generale.

Questa affermazione e sopratutto l'applicazione, durante l'ultimo quarto del XX secolo, alla scienza (il termine include anche le scienze sociali) degli stessi metodi di critica storica e sociologica applicati durante il periodo moderno alla religione, contribuì in maniera drammatica alla scoperta della relatività della scienza, del logos razionale, della critica storica e in generale di ogni visione (non solo religiosa) del mondo (Weltanschauung). Secondo Darrell Fasching questa scoperta del mondo scientifico moderno è stata ancora più clamorosa di quella secondo la quale la terra non costituisce il centro dell'universo (9), dato che nessuna considerazione può più essere considerata "oggettiva".

La conoscenza scientifica, dunque, che mise in dubbio, in nome della ragione pura e della critica scientifica, la conoscenza religiosa basata sulla religione nei settori più importanti, è altrettanto relativa quanto qualsiasi conoscenza religiosa. In altre parole offre un'interpretazione del mondo che non è esatta ed indiscutibile ma è ugualmente inventiva con quella dell'era pre-moderna. Nonostante il fatto che distinti intellettuali, come p.e. J. Habermas, insistono che non si è ancora concluso il ciclo del modernismo e sperano che si completi (10); nonostante il fatto che importantissimi teorici del "post-modernismo", come per esempio Jean-François Lyotard, cercarono di sostenere che "il post-moderno non segnala la fine del moderno, ma un altro rapporto con esso" (11) o che "la considerazione post-moderna non costituisce una negazione dell'Illuminismo ma si deve considerare come un "dialogo analitico-relativo " con esso (12); o infine che "il post-moderno è lo sviluppo di una nuova teoria, di un nuovo logos "post-ecumenico" per far sì che si ripristini il funzionamento classico del logos" (13), nonostante tutto ciò la realtà odierna ha indubbiamente provato che almeno la certezza della secolarizzazione come trascendenza della sacralità, la certezza dell'individualismo e, sopratutto, la certezza della conoscenza assoluta in base alla ragione pura (cioè la rivelazione della verità attraverso la critica e la ricerca storica) costituiscono una raffinata illusione (14).

La recente crisi della società greca non è che una versione in miniatura (certamente di temperamento mediterraneo) del dibattito realizzato a livello internazionale sul ruolo della religione nell'era post-moderna. Le proposte presentate sul tavolo del dialogo sono due. La prima accetta la relatività delle società umane, dà per scontato lo sviluppo delle società, in modo che, con l'ausilio dei valori religiosi tutti gli esseri umani possano sperimentare il bene della libertà, godere un trattamento giusto ed equo, e avere la possibilità di svilupparsi senza ostacoli, secondo la propria personalità. La seconda proposta, al contrario, nega la relatività delle società umane, attribuisce loro una sussistenza metafisica e insiste sul suo ritorno nell'ordine sacro e nelle tradizioni trascurate. La prima costituisce un superamento del modernismo, accettando i suoi elementi positivi ma riportando anche la religione nella vita pubblica (15). La seconda costituisce un rifiuto del modernismo, insistendo sugli ideali del pre-modernismo. Ambedue le proposte hanno un punto in comune: rigettano il presupposto fondamentale del modernismo secondo il quale la religione dovrebbe rimanere una questione personale della coscienza d'ogni individuo, limitata esclusivamente alla vita privata, lontano dalla vita politica (16). Entrambi accettano che la religione può contribuire alla trasformazione della società moderna e sostengono che la visione religiosa possa giocare un certo ruolo, anche importante, in questa direzione. Visto che esiste il rischio della globalizzazione ed una debolezza da parte della politica di controllare il percorso autonomo e irrefrenabile dell'economia, molti ritengono che questo sia non solo lecito, ma anche auspicabile e forse anche necessario, almeno nella misura in cui vengono incoraggiati i cosidetti "movimenti di cittadini". In ogni modo, si riconosce ormai, seppur timidamente, che la religione costituisce un elemento importantissimo dell'esistenza umana che non può essere escluso dal dibattito pubblico e dai confronti di opinioni di tipo morale, sociale, culturale o anche politico ed economico (18).

La possibilità della religione, e della Chiesa cristiana in particolare, di esercitare la sua dinamica filantropica sulla società "per salvaguardare la libertà, la singolarità della persona umana e l'integrità della creazione di Dio"(19), si riscontra nel modo in cui la Chiesa decide di contribuire, cioè nel modo con cui esercita la sua attività missionaria tanto nell'ambito delle sue "regolari competenze" (attività missionaria interna) quanto a livello internazionale (attività missionaria esterna o giustamente "testimonianza cristiana comune").

* * *

Il presente trattato non ha l'ambizione di risolvere questo scottante problema. Al contrario, si limita ad una problematica teologica sulla missione della Chiesa, sviluppata a livello internazionale fin dagli inizi del modernismo fino all'alba del post-modernismo, sottolineando il contributo - a volte decisivo - della teologia ortodossa.

A livello internazionale, l'attività missionaria cristiana trae le sue origini nel progressivo distacco del Cristianesimo (nella sua espressione ecclesiastica-istituzionale) dalla civiltà europea occidentale, a conseguenza della dottrina della secolarizzazione e della rimozione forzata della religione in Europa nel campo del privato (20). Nell'intero periodo del modernismo e particolarmente nella sua fase iniziale l'attività missionaria cristiana ha cercato sostanzialmente di restituire a livello internazionale il vecchio concetto statica di un mondo e di un ordine cristiano , fomentando in alcuni casi il contrasto istituzionale tra la Chiesa e il mondo. La terminologia prevalente a livello missionario era: cristianizzazione, proselitismo, evangelismo.

Questo sforzo, malgrado il successo quantitativo delle attività missionarie cristiane (anche nel mondo Cattolico) autonome e indipendenti, si è dimostrato inutile principalmente per due motivi: a. prima di tutto a causa della frammentazione del mondo cristiano che, certamente, esisteva già, ma era in continuo aumento e b. a causa della molto più rapida e riuscita secolarizzazione in tutte le terre che erano state scoperte e in seguito conquistate (se non ridotte in schiavitù).

Non c'è dubbio che un punto di riferimento della missione della Chiesa in quella fase fu il concetto della globalità (21). Nella sua espressione classica, pre-moderna, teocratica, questo concetto portò all'idea di una chiesa universale e di un impero universale : un Dio - un imperatore - una chiesa - un impero. Così come si stava sviluppando però la società borghese con l'industrializzazione dell'Europa e dell'America e con la colonizzazione che faceva leva sull'espansione della civiltà occidentale, questo schema "costantiniano" - che io chiamerei "carolingio" dato che l'antico modello romano-bizantino fu trapiantato intatto in Occidente da Carlomagno basandosi sul antico modello romano-bizantino, senza però i necessari anticorpi della spiritualità orientale ortodossa - portò progressivamente l'attività missionaria cristiana alla convinzione che il dovere dei cristiani era quello di trasferire al resto dell'umanità le benedizioni dell' Occidente (cioè della civiltà cristiana borghese). In questo modo però, si dava l'impressione che le cause della genuina attività missionaria erano indissolubilmente collegate a motivi culturali e sociali (22). Verso la fine del XIX secolo, in un clima di internazionalismo liberale, furono lanciate le prime iniziative verso il dialogo e la cooperazione tra le chiese, in base alla convinzione che esistesse un'unità spirituale nel mondo cristiano ed un'unità universale nella civiltà cristiana. Anzi, lo slogan del primo Congresso Internazionale dell'attività missionaria, tenutosi nel 1910 a Edimburgo in Scozia, era "evangelizzazione del mondo già da questa generazione" (23).

La graduale espansione della civiltà Occidentale in tutti gli angoli del mondo, accompagnata dagli elementi strutturali della secolarizzazione e della prevalenza dell'individualismo, ha creato l'illusione di un'eliminazione progressiva delle antiche religioni pre-cristiane e di conseguenza della possibilità di cristianizzazione del mondo (24). Questa illusione portò necessariamente ad una nuova comprensione della missione della Chiesa. Il cambiamento sociale - cioè gli ideali del modernismo - non è più considerato come una rottura o ribellione contro l'ordine divino, ma come conseguenza dell'azione di Dio per far sì che ci sia un cambiamento (25). Adesso, Dio stesso si identifica come il creatore del cambiamento storico. Al posto di un mondo strutturato sulla teocrazia, appare il mondo della storia nella quale si realizza l'opera di Dio. Il punto chiave di questo sviluppo è il riconoscimento dell'importanza universale dell'evento " Cristo ", come pure l'idea della signoria di Cristo tanto sul mondo , quanto sulla chiesa . In questa fase, il vecchio esempio dell' universalità teocratica ha ceduto il posto ad un nuovo esempio , quello dell' universalità cristo-centrica (26). A questo punto si deve rilevare che sia l' universalità cristo-centrica sia la teologia della storia , come strumento e come base teologica della vocazione missionaria della Chiesa, si sono sviluppate come risposta - ma anche come un cambiamento di politica - nei confronti del fenomeno della secolarizzazione .

Uno dei punti positivi di questa fase della storia moderna dell'attività missionaria internazionale - durante la quale ha incominciato a realizzarsi anche una presa di coscienza missionaria da parte dell'Ortodossia (e a questo punto si devono senz'altro menzionare i nomi di Germanos di Thyateira, dei grandi teologi della diaspora greca in Russia, di Anastasio Giannoulatos ecc.) - era innanzi tutto l'abbandono dell'idea che l'attività missionaria era solo una questione dei singoli cristiani (o anche dei gruppi missionari) e il riconoscimento della responsabilità missionaria della Chiesa nel suo insieme. La cosa più importante però riguardo alla transizione dalla "missio christianorum" alla "missio ecclesiae" fu il susseguente riconoscimento che il vero soggetto dell'attività missionaria non era la Chiesa né come istituzione né come organizzazione, ma Dio stesso (27). Era l'epoca della transizione dalla "missio Ecclesiae" alla "missio Dei", che il cristianesimo occidentale limitò però in un primo momento ad un'attività missionaria di Cristo (missio Christi).

Molto presto fu ovvio che, a livello internazionale, non si sarebbe forse tornati al modello del cristianesimo con le prestabilite strutture teocratiche del pre-modernismo; l 'universalità cristo-centrica però, cioè il modo tradizionale di comprendere e di interpretare in Occidente le dottrine relative a Cristo e alla sua umanizzazione, contribuì alla trasformazione latente del cristo-centrismo in cristo-monismo (28). In questo momento cruciale per il futuro dell'attività missionaria internazionale, si fece sentire la forte presenza della teologia ortodossa. K.Raiser confessa che "l'incontro dinamico con le tradizioni ortodosse nel campo della teologia e della spiritualità, ci ha fatto capire il torpore pneumatologico (Walter Kasper) che si era radicato nel Cristianesimo occidentale, sia nella sua forma cattolica sia in quella protestante"(29). Inoltre, il trattare la storia della salvezza e del cambiamento storico come categorie fondamentali di pensiero, portò ad un abbandono della responsabilità umana nei confronti delle supposte leggi autonome della natura . E' stato anche sottolineato - e non solo dagli Ortodossi - che la storia della salvezza , la divina economia, può espandersi nella storia umana ma non si esaurisce mai in essa (30).

Avendo come punto di riferimento la convinzione che la "teologia trinitaria afferma che l'essenza stessa della divinità è una vita di comunione e che l'intervento di Dio nella storia mira a condurre l'umanità e l'intero Creato a tale comunione attraverso l'esistenza stessa di Dio", gli Ortodossi ritengono che "l'attività missionaria cristiana non mira principalmente alla diffusione o alla trasmissione delle verità intellettuali, delle dottrine, e degli ordini morali ma al trasferimento della vita della comunione esistente nella divinità" (31). L' abbandono dell'universalità cristo-centrica e la fondazione dell'attività missionaria cristiana, in maniera più stabile, sulla dottrina Trinitaria, ha avuto come conseguenza l'abbandono della tattica imperialistica ed espansionistica dell'attività missionaria cristiana del XIX e inizi del XX secolo e l'adozione di un' attitudine più sostanziale ed olistica della testimonianza cristiana (32). In pratica, questo significava una condanna del proselitismo non solo tra i vari dogmi cristiani ma anche nei confronti dei credenti delle altre religioni (33). Di conseguenza la testimonianza missionaria e il dialogo inter-religioso si usano in parallelo e, in alcuni casi, al posto della terminologia missionaria tradizionale. Certo, questo non significa che l'attività missionaria moderna trascuri il significato relativo alla salvezza della cristologia, ma una nuova interpretazione dinamica della cristologia nel contesto della penumatologia (34).

Il secondo punto di una contribuzione sostanziale dell'Ortodossia nella lotta della "testimonianza cristiana comune" fu la dimensione sacro-spirituale e la conseguente dimensione escatologica dell'attività missionaria internazionale. Il dono escatologica della nuova vita nello Spirito Santo inaugura una nuova creazione, la storia rinnovata di tutti gli organismi viventi. Con la crescente partecipazione degli Ortodossi nei laboratori teologici e i fora ecumenici di riflessione missionaria, è diventato ovvio che dovunque si elimina la tensione escatologica tra la storia della salvezza e la storica secolare, si relativizza per necessità logica anche la storia della salvezza, e di conseguenza, la teologia perde la sua abilità di operare da critica profetica della specifica storia dell'azione umana (35). La Chiesa , in altre parole, non solo non deve operare come un'istituzione di questo mondo, ma deve affrontare in maniera critica le istituzioni esistenti e denunciare profeticamente le strutture ingiuste.

Il terzo punto di contribuzione della teologia ortodossa allo sviluppo della argomentazione teologica relativa alla testimonianza religiosa comune fu la riscoperta della teologia eucaristica della Chiesa antica (36). Questo, non solo ha giustificato l'uso del concetto di comunione nei dibattiti ecclesiastici, ma allo stesso tempo ha contribuito allo sviluppo della teologia della " casa di Dio " che completa, quando non sorpassa, la teologia del " Regno di Dio " come strumento dell'attività missionaria. In altre parole, mentre il modello del Regno di Dio nel campo dell'attività missionaria cristiana ha trasmesso - certamente in modo sbagliato - il concetto della dominazione con tutte le sue conseguenze, d'altro canto il modello della " casa di Dio " ha offerto alle analisi missionarie il concetto dei rapporti, della familiarità, della calorosità della famiglia, il cui Padre è Dio che cerca continuamente "di raccogliere i suoi figli, come la gallina raccoglie i pulcini sotto le sue ali" (Matteo 23,37 e Luca 12,34) (37).

Oggigiorno, nel campo dell'attività missionaria internazionale, si parla di "mondo futuro", secondo terminologia della lettera agli Ebrei (2,5 vd. 13,14), che - in base alla narrazione dell'Apocalisse (cap. 21 e 22)- si descrive come una città aperta dove si potrà realizzare il dibattito universale sulle civiltà. La società internazionale può e deve diventare una casa dove tutti sono aperti l'uno all'altro e dove tutti possono condividere una vita comune nonostante il loro polimorfismo interno. Il termine " ecumene " ed i suoi derivati ( ecumenismo , ecc.), non sono più la descrizione di una situazione specifica. Con il termine ecumene , non si fa più riferimento ad una globalità astratta, come per esempio il mondo intero , o l'intera specie umana, o anche una chiesa universale unita. Questo termine si riferisce invece ai rapporti sostanziali - e allo stesso tempo minacciati - tra le chiese, le civiltà, gli uomini, società umane, come pure tra l'umanità ed il resto del Creato.

Nell'era del post-modernismo, l'argomento su cui si discute (38) nel ambito dell'attività missionaria cristiana internazionale, come conseguenza di questa equivocità enigmatica del termine " ecumene ", è la globalizzazione , cioè le strutture oppressive di un'ecumene sopranazionale, governata a livello politico, organizzata a livello finanziario, diffusa e moltiplicata a livello elettronico (internet, ecc), un' ecumene che obbedisce alla logica del potere senza sensibilità nei confronti della particolarità culturale ed ha come obiettivo il controllo assoluto che reprime la vita e minaccia il pianeta terra. La missione internazionale cristiana, con l'ausilio del termine biblico " casa ", contrappone a questo modello la visione di un'altra ecumene fondata sull'insieme dei rapporti e non delle strutture , cioè la visione di un'ecumene che non è l'espressione dell'autonomia delle leggi che portano alla morte, ma di una viva e reciproca influenza. Si tratta della visione di un'ecumene dove tutti gli uomini di tutte le razze e lingue, il mondo degli Ortodossi e degli eterodossi, dei cristiani e dei credenti in altre religioni, dei fedeli e degli infedeli, dei giusti e dei peccatori, tutto è creazione di Dio. In altre parole, si tratta della visione di un'ecumene che vive con la certezza che la terra è abitabile appunto perché Dio ha contratto la Sua Alleanza con tutto il Creato, un'ecumene guidata dalla speranza che Dio stesso "venne ad abitare in mezzo a noi" (Giovanni 1,14). La visione finale dal libro dell'Apocalisse, secondo la quale l'ecumene futura scende dal cielo come una nuova Gerusalemme, rivela sostanzialmente il significato più profondo della testimonianza cristiana per un'ecumene di veri rapporti di comunione così come si rivelano attraverso la luce della fine del mondo nella prospettiva della venuta del Regno di Dio.

* * *

Questa nuova dimensione nella comprensione dell'attività missionaria cristiana e della "testimonianza cristiana comune" promossa con zelo dalla Chiesa e dalla teologia ortodossa, ha creato in un certo momento una crisi nell'unità del movimento missionario internazionale. Verso la fine degli anni 60, dopo l'ammirabile cammino comune di tutte le missioni di quasi tutti i dogmi cristiani, gli evangelisti tradizionali si ritirarono in massa dallo sforzo comune del C.E.C. - nel quale partecipava anche la Chiesa cattolica seppur in modo extra-istituzionale - al fine di creare (nel 1968) il cosiddetto "Congresso di Losanna". La causa principale di quel tragico frazionamento fu, tra l'altro (come per esempio il ripiegamento su posizioni estremamente .... ortodosse) l'abbandono della missione espansionistica a favore della comunione olistica e della testimonianza comprensiva del Vangelo (39). Questa nuova concezione ha creato dei conflitti anche in seno alla Chiesa cattolica, secondo la recente, spasmodica (e si spera ultima) reazione della Congregazione per la Dottrina della Fede che ha pubblicato la dichiarazione intitolata Dominus Iesus , con cui in sostanza cerca di ritornare alla pratica e alla concezione teologica missionaria del Concilio Vaticano II, così come si profilava prima che iniziasse il dialogo con le altre religioni. Si tratta però dell'unica efficace dichiarazione e testimonianza della comunità credente nel periodo del post-modernismo. La teologia, essendo l'ancella della Chiesa, depone questa testimonianza presso la società attraverso lo strumento per il quale si usa il termine internazionale di public theology (teologia pubblica) (40).

Adottando in maniera convenzionale la terminologia del post-modernismo (come peraltro ha fatto anche Cox il quale, durante la revisione delle sue posizioni sulla secolarizzazione, ha adottato il termine della destrutturazione (41) ), il nuovo modello della missione ortodossa, per far sì che il ritorno della Chiesa alla vita pubblica diventi fattibile e sia accettato e infine avendo come obiettivo una testimonianza efficace perché "la gente possa vivere", deve:

a.  de-privatizzare il suo atteggiamento e allo stesso tempo aprirsi alla società e ai problemi sociali;

b.  de-localizzare la sua azione attraverso un'espansione a Occidente, abbandonando ovviamente le sue caratteristiche orientali acquisite e giungendo a termini con l'idea di fenomeni similari anche in Oriente; l'obiettivo per le due parti rimane non il proselitismo, ma il dialogo fertile.

c.  de-dogmatizzare il suo modo di espressione, sottolineando le caratteristiche sostanziali ecclesiastiche della sua identità escatologica, della sua sinodicità, e innanzi tutto della comunione, che rappresenta un elemento specifico della sua coscienza liturgica e rituale.

d. liberare la sua diffusione, senza cioè modelli concentrativi che peraltro non appartengono all'autentica ecclesiologia ortodossa e

e. raggiungere uno stato de-patriarcale attraverso una partecipazione attiva e crescente alla sua struttura ma anche alla sua espressione liturgica.

Per questa ragione, durante la Sinassi eucaristica a Nicea di Bitinia (26.12.2000), l'Ortodossia nel suo insieme ha riaffermato, tramite le parole dei suoi capi, la sua dedicazione al dialogo mirato ad una unità visibile, non solo con le altre Chiese e dogmi cristiani ma anche con "ogni persona di buona volontà" (cioè di qualsiasi religione), in altre parole il dialogo con la società in generale, avendo come obiettivo la pace, la riconciliazione e l'unità dell'umanità, come pure la sostenibilità e l'integrità del Creato.


 

(1)  Nel presente trattato, il termine secolarizzazione non è usato nel senso cristiano della parola, e cioè atteggiamento e slittamento del corpo ecclesiastico verso le credenze secolari, ma nel senso sociologico, e cioè struttura della società senza l'influenza della religione con dei criteri puramente secolari (democratici). Altri dettagli nel trattato di Peter Berger, The Sacred Canopy. Elements of a Sociological Theory of Religion, Doubleday , New York 1967, p. 106.

(2)  Harvey Cox, The Secular City , Macmillan , New York 1965.

(3)  Bryan Wilson, Religion in Secular Society, London 1966. Anthony Wallace, Religion: An Anthropological View, New York 1966. Thomas Luckmann, The Invisible Religion, New York 1967.
Thomas Luckmann- Peter Berger , The Social Construction of Reality- A Treatise in the Sociology of Knowledge, New York 1966, Peter Berger, The Sacred Canopy ecc.

(4)  Vedi Daniel Fasching, The Ethical Challenge of Auschwitz and Hiroshima : Apocalypse or Utopia? Albania , 1993

(5) Danny Jorgensen, " Religion and Modernization: Secularization or Sacralization", Jacob Neusner (ed.), Religion and the Political Order, Scholars Press, Atlanta 1995, 10-30, p. 19

(6)  Idem

(7)  Vedi Rodney I. Petersen (ed.) , Christianity and Civil Society, BTI , Boston 1995 e Jacob Neusner (ed.), Religion and the Political Order, Scholars Press, Atlanta 1996.

(8)  H.Cox " Religion and Politics after the Secular City", J.Neusner (ed), Religion and the Political Order , p. 1-10.

(9)  Daniel Fasching, " Judaism, Christianity, Islam: Religion, Ethics and Politics in the (Post) ModernWorld" , Jacob Neusner (ed.) Religion and the Political Order, p. 291-299.

(10)  Vedi p.e. Jurgen Habermas " Die Moderne-Ein unvollendetes Projekt" W.Welsch (cura), Wege aus der Moderne. Schlussetexte der Postmoderne Diskussion, Weihnheim 1988, p. 177-192.

(11) Jean-Francois Lyotard, " An Interview" Theory, Culture and Society 5 (1989), 277-309 p. 277, Vedi anche dello stesso autore, The Postmodern Condition, Minnesota UP, Ninneapolis 1984 (e la traduzione in greco " Η μεταμοντέρνα κατάσταση ", (ed. Γνώση , Atene 1998).

(12) Hayden White, Topics of Discours: Essays in Cultural Criticism, J.Hopkins U.P. Baltimore 1978 p.51. Vedi anche la sua opera con il titolo caratteristico Dopo-storia, Metahistory:The Historical Imaginationin 19th c. Europe, J.Hopkins U.P. Baltimore 1973. E' tipico il fatto che molti ricercatori che trattano il post-modernismo in maniera critica, insistono nell'usare il termine "seconda modernismo", Vedi " Παράδοση και πολιτισμική προσαρμογή στη δεύτερη νεωτερικότητα " (Tradizione e adattamento culturale nel secondo modernismo) I.Petros, Σύναξη (Sinassi), volume 75 (2000), p. 25-35.

(13) W. Welsch, Unsere Postmoderne Moderne, VCH Acta humaniora, Weinheim 1988, p.7.

(14) Secondo me, questa è la questione cruciale rispetto al rapporto tra modernismo e post-modernismo, e non il carattere occidentale o greco classico del logos razionale. Giustamente, Zissis Papadimitriou collega il pensiero greco con il concetto del logos razionale (" Από την οικουμενικότητα του Διαφωτισμού στα μεταμοντέρνα αδιέξοδα . Αναζητώντας το μίτο του ορθού " Dall'ecumenicità dell'Illuminismo alla via senza sbocco post-moderna. Cercando il filo del razionale". S.Elmazis ed.). Ανάμεσα σε δύο κόσμους . Από την σύγχρονη κρίση στη μετανεωτερική προοπτική (Tra due mondi: dalla crisi moderna alla dimensione post-moderna), ed. Ανιχνεύσεις , Salonicco 1988, p. 97-107, p. 106).

(15)  Robert N. Bellah sottolinea in maniera eloquente : "E' inutile continuare a frustrare il cavallo morto del modello dell'era di Costantino" ("How to understand the Church in an Individualistic Society", R. Petersen (ed.), Christianity and Civil Society,p. 9)

(16)  Vedi la distinzione fatta, in passato, da Peter Berger, tra adattamento (accomodation) e resistenza (resistance) della Chiesa nella realtà moderna ( The Sacred Canopy, P. 155)

(17)  Vedi E. Venizelos, Σχέσεις Εκκλησίας Κράτους (Rapporti tra Chiesa e Stato), ed. Παρατηρητής , Salonicco 2000

(18)  Vedi Walter Capps, "Religion and Politics, Finding Normative Factors in Current Discussions", Jacob Neusner (ed.), Religion and the Policical Order, p.259-273.

(19)  Dal messaggio dei Presieduti a Betlemme, nel 2000

(20)  Vedi S. Nail, History of Missions p.150, 187, 207, Vedi anche p.223. A questo punto bisogna sottolineare che questo distinto storico della missione cristiana non entra nell'argomento da noi esaminato.

(21)  K . Raiser , Το μέλλον του οικουμενισμού. Αλλαγή παραδείγματος στην οικουμενική κίνηση (Il futuro dell'ecumenismo. Un cambiamento dell'esempio nel movimento ecumenico). EKO 10, Salonicco 1995, p. 79.

(22)  Idem p. 76

(23)  Il punto di riferimento biblico in questa fase è "andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Matteo 28,19). Vedi Ion Bria - P.Vassiliadis Ορθόδοξη Χριστιανική Μαρτυρία , Εγχειρίδιο Ιεραποστολικής ΕΚΟ 1 ( Testimonianza Cristiana Ortodossa, Manuale della Missione Cristiana ) , Katerini 1989, p. 119.

(24)  Questa era la speranza secreta e l'argomento fondamentale di Arend Th. Van Leeuwen (vedi la sua opera Christianity in World History: The Meeting of the Faiths of East and West, London 1954). Sfortunatamente per lui e per la vecchia concezione della missione cristiana, ma fortunatamente per queste regioni, il recupero dell'indipendenza culturale dopo la fine del colonialismo fu accompagnato da un rinvigorimento delle tradizioni religiose, che spesso costituivano anche il simbolo dell'identità culturale. Così, la missione cristiana "espansionistica" ebbe il dolore di vedere che tutte le religioni vive, e cioè l'Islamismo, l'Induismo, il Buddismo ecc. si vivificarono di nuovo creando anche delle...missioni nelle regioni che erano, storicamente, cristiane. Più dettagli in K. Raiser, Το μέλλον του οικουμενισμού , (Il futuro dell'ecumenismo, p. 115).

(25)  Idem p. 102

(26)  Vedi l'opera classica del primo S.G. dell' C.E.C. W.A. Visser't Hooft, No other Name, The Choice between Syncretism and Christian Universalism, SCM Londra 1963, e la critica di questa posizione nello splendido studio di K. Raiser, Το μέλλον του οικουμενισμού . Αλλαγή παραδείγματος στην οικουμενική κίνηση, ( Il futuro dell ' ecumenismo ) ΕΚΟ 10, Salonicco 1995, p . 88.

(27)  Vedi E.Voulgarakis, Ιεραποστολή (Missione), ΘΗΕ vol. VI, v. 763.

(28)  Vedi l'opera di Stanley Samatha, Courage for Dialogue. Ecumanical Issues in Inter-Religious Relationships, WCC Ginevra 1981. Nel "esempio missionario" dell'universalità cristo-centrica, era evidente un monismo religioso e politico, cioè una concezione di centralizzazione tanto in relazione alla ricerca dell'unità visibile, quanto in relazione alla testimonianza della Chiesa nei confronti dell'ecumene e al di là di essa.

(29)  K. Raiser , Το μέλλον του οικουμενισμού , p. 174, B.J. Moltmann , The Trinità and the Kingdom of God, SCM Londra 1981, L . Boff , Trinity and Society, Tunbridge Wells 1988.

(30) Ulteriori dettagli nella mia opera « H Ορθόδοξη Εκκλησία και η αναζήτηση της ορατής ενότητας »,( " La Chiesa Ortodossa e la ricerca dell'unità visibile"), Ορθοδοξία και η των πάντων ενότης ( L' Ortodossia e l'unità di tutto), Edizioni del Monastero di Koutloumassiou, Monte Athos ,p. 139-152.

(31)  La conseguenza di questa problematica teologica fu anche un progressivo riferimento ad altri brani al di là del passaggio 28,19 del Vangelo secondo Matteo. Ulteriori dettagli nel classico trattato di D.J. Bosch. Transforming Mission . Paradigm Shifts in Theology of Mission , New York 1991. "L'attività missionaria della chiesa è fondata sulla missione di Cristo. Una buona comprensione di tale missione richiede, in un primo tempo, di fare dei riferimenti alla teologia trinitaria. La missione affidata da Cristo agli Apostoli si basa sul fatto che Cristo stesso fu mandato dal Padre attraverso lo Spirito Santo (Giovanni 20,21-23)". (Ion Bria - P.Vassiliadis, Ορθόδοξη Ελληνική Μαρτυρία , p. 15).

(32) Il riconoscimento ufficiale della dottrina Trinitaria non ha mai rappresentato un problema per l'attività missionaria internazionale d'orientamento ecumenico, specialmente da quando l'articolo-base del C.E.C. è stato ampliato dal punto di vista trinitario nell'Assemblea Generale di Nuova Delhi (1961). Rimane però ferma nel suo orientamento cristo-centrico.

(33) Altri dettagli nel recente splendido trattato di Anastasios Giannoulatos (Arcivescovo di Tirana), Παγκοσμιότητα και Ορθοδοξία (Universalità e Ortodossia), ed. Ακρίτας , Atene 2000, p. 169. Vedi anche l'opera dello stesso autore, Θέσεις των Χριστιανών έναντι των άλλων θρησκειών (Posizioni dei Cristiani nei confronti delle altre religioni), Atene, 1975.

(34)  Vedi J. Zizioulas (Metropolita di Pergamo), Being as Comminino. Studies in Personhood and the Church, SVP, Crestwood , New York 1993.

(35) Ulteriori analisi su questo argomento nel mio trattato « Ορθοδοξία και θεολογία της συνάφειας » (Ortodossia e teologia dell'affinità), Iex Orandi, Μελέτες λειτουργικής θεολογίας (Studi di teologia liturgica), EKO 9 Salonicco 1994, p. 139-156.

(36)  Vedi il mio studio: « Η ευχαριστιακή προοπτική της αποστολής της Εκκλησίας » (La prospettiva eucaristica della missione della Chiesa) Sinassi 61 (1997), p. 29-43 e anche Eucharist and Witness Orthodox Perspectives on Unity and Mission of the Church, WCC -HC Press, Geneva-Boston 1998.

(37)  Altri dettagli nel contributo sostanziale di K. Raiser, Το μέλλον του οικουμενισμού , (Il futuro dell'ecumenismo) op.cit. p. 191.

(38)  Alcuni anni fa (2000) la Conferenza Ecumenica Mondiale sulla Missione (CWME) del C.E.C. ha adottato e promosso lo studio dell'ultima dichiarazione sulla missione (Mission Statement). Questa dichiarazione che migliora il testo centrale degli inizi del 1981 ( « Οικουμενικές πεποιθήσεις για την ιεραποστολή και τον ευαγγελισμό » [Convinzioni ecumeniche sulla missione e l'evangelismo], Ion Bria- P. Vassiliadis, Ορθόδοξη Χριστιανική Μαρτυρία , p. 177), è - a detta di tutti - permeata dalla problematica teologica ortodossa e si concentra sul fenomeno della globalizzazione. La traduzione in greco a cura della casa editrice Ακρίτας .

(39)  Vedi " Mission , Proselytism and the European Movement" El. Voulgarakis ecc. (ed.), "Andate dunque..." Volume in onore dell'arcivescovo di Albania, Anastasios Ghiannoulatos), Atene 1997, p. 77-97.

(40) Padre Em. Klapsis, professore presso la Facoltà di Teologia Dottrinale della Santa Croce, la cui opera « Η ορθοδοξία στο Νέο Κόσμο » (L'Ortodossia nel Nuovo Mondo), Salonicco 2000, è stata pubblicata recentemente in greco, sta orientando la sua argomentazione teologica ortodossa in questa direzione.

(41)  H. Cox, "Religion and Politics after the Secular City ", p. 9.

{ contatti